Grazie al premio Right Livelihood Award il cosiddetto “Nobel alternativo” di quest’anno ricorderemo Krishnammal e Jagannathan una coppia anziana – 82 anni lei, 96 lui – che, dopo due giorni di treno (in classe economica) dal Tamil Nadu dove vivono, raggiungono New Delhi sotto un sole cocente per cercare di convincere i politici a mettere al bando i grandi impianti di allevamento di gamberetti destinati all’esportazione. La colpa di questi grandi impianti è di contribuire enormemente alla distruzione dell’ecosistema costiero; con la salinizzazione dei pozzi la terra coltivabile diventa desertica e la fame aumenta.
Krishnammal e Jagannathan (Amma e Appa – mamma e papà – come li chiamano tutti) sono da più di cinquant’anni impegnati per quell’India «dalla semplice vita e dal grande pensiero» che il mahatma sognava.
La loro vita è un romanzo sociale. Lui, di casta alta, nel 1942 aderisce al movimento indipendentista «Quit India» e passa tre anni e mezzo in prigione. Lei, intoccabile, sin da giovanissima lavora con il movimento gandhiano. Si sposano nel 1950 rompendo le regole della separazione castale.
Da allora insieme lavorano in vari stati dell’India per la riforma agraria (nel Bhoodan Movement), contro le caste e per applicare nei villaggi un modello di vita e lavoro fondato sulla giustizia sociale e sull’equilibrio con la natura.
Nel 1981 fondano il movimento Lafti, Land for Tillers’s Freedom, «Terra per la liberazione dei braccianti». La riforma agraria infatti è stata attuata solo parzialmente e il Lafti cerca di portarla avanti riuscendo a distribuire 13.000 acri ad altrettante famiglie che diventano poi protagoniste – soprattutto le donne – di programmi socioeconomici: artigianato di villaggio, habitat, nutrizione, istruzione dei bambini, corsi di computer per i dali (gli intoccabili), rimboschimento… Dal Natale 2004 dopo lo tsunami che ha colpito le coste dell’India, l’attività del Lafti è anche soccorso e ricostruzione.
Fonte: da “il manifesto” del 03 Ottobre 2008, articolo di Marinella Correggia